Medico, redattrice e giornalista poliglotta (conosceva cinque lingue!), femminista a 360 gradi, attivista politica… è difficile riassumere la personalità poliedrica di Anna Kuliscioff. Quello che è certo, è che è stata una donna rivoluzionaria per la sua epoca, e che ha lasciato un segno nella storia. La sua è una vita burrascosa, votata ai suoi ideali, ostacolata sotto ogni punto di vista, ma che l’ha resa celebre, e ci ha regalato l’immagine di donna istruita, indipendente a livello economico e sentimentale, impegnata a migliorare la società, che oggi consideriamo la normalità. Ma partiamo dagli inizi…

Anna Moiseevna Rozenštejn (cambierà in seguito il cognome per sfuggire alle autorità zariste) nasce nel 1855 nella capitale della Crimea, da una famiglia di commercianti benestanti. Si dimostra fin da giovane dotata di grande intelligenza e memoria, ed è per questo che i genitori a 17 anni le permettono di andare a studiare filosofia a Zurigo, siccome all’epoca in Russia l’accesso all’università era precluso alle donne.
Lì trova un ambiente molto più libero, carico di idee progressiste, e affina il suo pensiero politico, rivolto alle condizioni di miseria delle masse lavoratrici; proprio in questa occasione conosce uno dei due grandi compagni della sua vita, Andrea Costa, con il quale condivide gli interessi politici. Al tempo di tendenze anarchiche, Anna lo convincerà a cercare una collaborazione con il governo, piuttosto che opporre una guerra e un rifiuto netto ai suoi avversari.
Sono anni difficili per i due, che scappano continuamente dalla Svizzera alla Francia all’Italia, in un susseguirsi di arresti per cospirazione, periodi in carcere ed espulsioni dallo stato. Ad Imola Anna da alla luce una figlia, Andreina, ma al contempo i rapporti con Costa si deteriorano, anche a causa della visione ancora maschilista e tradizionalista dell’uomo, come quando si dimostra geloso e irritato per la stretta vicinanza all’anarchico pugliese Carlo Cafiero, e in una lettera, Anna ribatte “io alla fine vedo una cosa: agli uomini come sempre è permesso tutto, la donna deve essere di loro proprietà“.
Riprende gli studi all’università in Svizzera, passando però alla medicina e cercando di gestire al contempo la bambina piccola, una difficile situazione finanziaria e una condizione di salute precaria, dovuta alla tisi, che aveva contratto nei periodi in prigione. Per migliorare le difficoltà respiratorie, passa appunto al clima più mite di Napoli, dove si laurea e si lega al socialista Filippo Turati, con il quale condividerà il resto dei suoi anni. Prosegue poi la specializzazione in ginecologia tra Torino e Padova, collaborando con il futuro premio Nobel Camillo Golgi e arrivando a scoprire l’origine batterica della “febbre puerperale”, una delle maggiori cause di morte delle donne dopo il parto.
Si trasferisce in seguito a Milano per iniziare a esercitare la professione, ma l’Ospedale Maggiore di Milano la rifiuta in quanto donna, e allora inizia a lavorare in privato: si reca soprattutto nelle case delle donne popolari, e per questo viene soprannominata “la dottora dei poveri“. Tuttavia si trova affetta ormai dalla tubercolosi ossea, e, per difficoltà di deambulazione, è costretta a restare in casa per l’ultima parte della sua vita.
Nell’appartamento che condivide nella città milanese con Turati fonda, assieme al compagno, il giornale “Critica sociale“, e si dedica a coordinarlo, traducendo, scrivendo e impaginando, e parlando con i vari esponenti del partito socialista e della socialdemocrazia europea, così come anche con le proletarie.
É in questo periodo che si dedica maggiormente alla questione femminile, a partire dal famoso discorso “Il monopolio dell’uomo” in una conferenza del 1890 al Circolo filosofico di Milano, in cui declama a gran voce come le donne siano forza lavoro tanto quanto gli uomini, ma non godano degli stessi diritti. Auspica il riconoscimento del lavoro domestico e la parità di stipendi, ma soprattutto la possibilità di votare, alla quale si oppongono i socialisti stessi. Non è una lotta tra i sessi quella che Anna cerca, ma una cooperazione, anticipando le orme di Simone de Beauvoir. Segno di una visione aperta e rispettosa è anche l’accettazione del matrimonio religioso della figlia Andreina con un membro dell’alta borghesia milanese, cattolica e conservatrice; la ragazza era sempre stata il suo opposto, di indole tranquilla e non interessata agli affari politici, ma Anna Kuliscioff scrive a Costa:
Mio caro Andreino, sì, hai ragione, è una gran malinconia di dover convincersi che noi non siamo i nostri figli, e che essi vogliono far la loro vita […] Io sono stata angosciata per molti anni, io capivo che la povera Ninetta scontava gli slanci generosi della sua madre, io sapevo che un giovane di famiglia borghese, dati i pregiudizi sociali, familiari e religiosi, difficilmente se non molto innamorato la sposerebbe per le presunte colpe della madre, che schiaffeggiava la società sotto tutti i rapporti. Ora questo incubo fu frequente causa del pormi serenamente questo problema: se non fosse più onesto da parte mia, per la felicità di Ninetta, sopprimermi. E lo stato d’animo mio era tale che solo una ragione, che mi disse Filippo, mi tratteneva nel commettere una grossa sciocchezza, e fu, che intanto, lasciavo la Ninetta sola. […] come mi par settario, e come mi pare primitivo il sentimento dei genitori che vogliono esercitare pressioni sull’animo dei figli. Se la Ninetta fosse minacciata da una disgrazia, se l’uomo da lei prescelto fosse indegno, allora per la sua salvezza, per il suo bene si può anche violare le norme di libertà di coscienza e di azione. Ma se va incontro alla sua felicità, sia pur benedetta anche dal prete, ne sono contenta ugualmente.
Non potrà purtroppo garantire il voto alle donne, pur riuscendo a far rientrare il punto nel programma del partito, ma nel 1901 arrivò a far approvare in Parlamento la legge Carcano sulla tutela del lavoro femminile e minorile, da lei elaborata.
Il 1925 la vide spegnersi, e le fu dedicato un grande funerale, pieno di personalità politiche, tanto quanto di operai; la sua figura era così nota e irriverente per l’epoca che la bara venne assaltata e deturpata da un gruppo di fascisti, in un finale “rissoso”, tali quali erano state le sue vicende di vita.
Per approfondire la storia della Kuliscioff vi consiglio di leggere questo libro, è di recente pubblicazione (2019): Anna Kuliscioff: donna, rivoluzionaria, medico. Storia della dottora dei poveri nella medicina del suo tempo.
